Tumore al seno e sindrome genitourinaria: sono sicuri gli estrogeni vaginali?
Le donne con tumore mammario spesso sviluppano sintomi della sindrome genitourinaria durante la menopausa indotta chirurgicamente o con le terapie oncologiche. L’uso della terapia con estrogeni vaginali viene spesso evitata per il timore che possa aumentare il rischio di recidiva tumorale, lasciando molte pazienti senza un trattamento efficace per l’atrofia vulvovaginale. Le recenti evidenze scientifiche che dimostrano come la terapia estrogenica vaginale non aumenti il rischio di recidiva tumorale, offrono nuove speranze.
Sindrome genitourinaria in donne in terapia per tumore al seno: come alleviare i sintomi?
Nelle donne con tumore mammario, la sindrome genitourinaria assume una rilevanza particolare, specie per la giovane età in cui, in genere, compaiono i sintomi vaginali tipici della menopausa. Secchezza vaginale, prurito, bruciore, dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia), incontinenza urinaria e infezioni ricorrenti del tratto urinario sono, per molte donne, gli effetti di terapie oncologiche necessarie che riducono drasticamente i livelli di estrogeni circolanti, causando un’atrofia dei tessuti genitali e urinari più rapida, grave e prolungata rispetto alla menopausa naturale.
Nelle donne in menopausa naturale, la terapia con estrogeni vaginali (TEV) rappresenta uno dei trattamenti più efficaci per la sindrome genitourinaria. Gli estrogeni applicati localmente sotto forma di creme, ovuli o anelli vaginali, infatti, agiscono direttamente sui tessuti atrofici, ripristinando l’elasticità, l’idratazione e il pH vaginale normale. Questo approccio terapeutico permette di migliorare significativamente non solo i sintomi, ma anche la qualità di vita delle donne in trattamento.
Tuttavia, nelle donne con storia di tumore mammario, l’uso di qualsiasi forma di terapia ormonale ha sempre sollevato preoccupazioni di sicurezza. Il timore principale riguarda la possibilità che anche piccole quantità di estrogeni assorbiti sistemicamente possano stimolare la crescita di cellule tumorali residue o favorire lo sviluppo di nuovi tumori, specialmente nei casi di neoplasie estrogeno-dipendenti.
Estrogeni vaginali e tumore al seno: nuove evidenze scientifiche
Recenti studi di ampie dimensioni hanno fornito dati rassicuranti sulla sicurezza degli estrogeni vaginali nelle donne con storia di tumore al seno. Una ricerca pubblicata su Obstetrics & Gynecology ha analizzato oltre 42.000 donne con diagnosi di sindrome genitourinaria dopo aver avuto un tumore mammario. Di queste, il 5% ha utilizzato la terapia estrogenica vaginale.
I risultati sono stati sorprendenti: il rischio di recidiva del tumore al seno è risultato comparabile tra le donne che hanno utilizzato estrogeni vaginali e quelle che non li hanno utilizzati. Specificamente, il rapporto di rischio è stato di 1,03 per tutti i tipi di tumori e di 0,94 per i tumori con recettori estrogenici positivi.
Un secondo studio britannico pubblicato su JAMA Oncology ha confermato questi risultati analizzando quasi 50.000 donne con cancro al seno. Anche in questo caso, non è stata riscontrata alcuna evidenza di un rischio aumentato di mortalità specifica per tumore mammario nelle utilizzatrici di estrogeni vaginali rispetto alle non utilizzatrici.
Meccanismi di sicurezza della terapia estrogenica vaginale
La sicurezza relativa degli estrogeni vaginali può essere spiegata attraverso diversi meccanismi:
- l’applicazione locale comporta un assorbimento sistemico minimo rispetto alla terapia orale. Gli estrogeni applicati direttamente sui tessuti vaginali agiscono prevalentemente a livello locale
- i dosaggi utilizzati nella terapia vaginale sono significativamente inferiori rispetto a quelli della terapia ormonale sistemica.
- le formulazioni moderne sono progettate per massimizzare l’efficacia locale minimizzando l’esposizione sistemica, creando un profilo rischio-beneficio favorevole anche nelle pazienti oncologiche.
Le nuove evidenze scientifiche suggeriscono che la terapia con estrogeni vaginali può essere considerata un’opzione terapeutica sicura per le donne con storia di tumore mammario che soffrono di sindrome genitourinaria severa e non responsiva ad altri trattamenti.
Tuttavia, la decisione terapeutica deve sempre essere individualizzata e presa in collaborazione tra oncologo, ginecologo e paziente, valutando molteplici fattori, tra cui il tipo di tumore, il tempo trascorso dalla diagnosi, la presenza di recettori ormonali, la terapia oncologica in corso e la severità dei sintomi genitourinari.